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Le armi segrete della Luftwaffe

Posted by on 31 Gennaio 2013

 


 



Il declino del Reich


Fino all’estate del 1942, l’astro della Germania nazista sembrava essere destinato a splendere imperituro sull’Europa e sulle altre regioni del mondo in cui avanzavano le truppe del terzo Reich. Nel Nord Africa, il generale Rommel e il suo Afrika Korp era stato capace di soccorrere l’alleato italiano in netta difficoltà e prendere l’iniziativa sul fronte, arrivando alle porte dell’Egitto, prima che le forze britanniche si riassestassero davanti ad El-Alamein. Sul fronte sovietico, Manstein aveva attaccato con successo in Crimea, mentre alla fine del mese di Agosto la Wehrmacht raggiungeva le linee di difesa di Stalingrado, dando inizio alla tragica leggenda della città russa sul Volga.

Poi giunse l’autunno e quindi l’inverno. Col cambiare delle stagioni, mutò anche il destino della guerra. In Ottobre, Montgomery contrattacca a El-Alamein, mentre gli alleati Anglo-Americani aprono un secondo fronte nord-africano sbarcando in novembre sulle coste del Marocco e dell’Algeria. Nello stesso mese, il gigante sovietico si supera, riuscendo tra mille difficoltà ad approntare una grande offensiva sul saliente di Stalingrado, accerchiando la 6a armata tedesca di von Paulus.
Nonostante gli alleati pubblicizzassero oltremodo le loro vittorie terrestri, fu sui fronti aereo e navale che le sorti della Germania si decisero definitivamente. Per i primi tre anni di guerra, i sottomarini tedeschi avevano terrorizzato i marinai di tutti i convogli alleati che facevano la spola tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, carichi di rifornimenti militari e commerciali. Con l’entrata nel nuovo anno, il sempre maggiore impegno della U.S. Navy e della Royal Navy nella scorta alle navi da trasporto e della U.S. Air Force e della RAF nel pattugliamento a medio e lungo raggio, resero meno efficaci gli U-Boote tedeschi, nonostante le innovazioni tattiche (il «branco di lupi» con più sottomarini in caccia contro lo stesso bersaglio) e tecnici (lo snorkel che garantiva una minore durata delle emersioni dovute ai rifornimenti).
Con l’aumentato affluire di rifornimenti alla Gran Bretagna, l’apertura di un secondo fronte europeo non era più un’idea balzana del solo Stalin, ma una reale possibilità. In preparazione del memorabile momento del D-Day, le isole britanniche rappresentavano il trampolino di lancio ideale per i bombardieri alleati che, sfidando la strenua resistenza della Luftwaffe e della temibile artiglieria contraerea tedesca, volavano sopra le città industriali della Ruhr o quelle portuali di Amburgo e Brema per colpire direttamente al cuore la nazione nemica. Mentre gli americani bombardavano di giorno, assumendosi i maggiori rischi e quindi le perdite più ingenti in termini di uomini, i britannici colpivano di notte, rendendo insicure tutte le ore della giornata fin dove giungeva il loro raggio d’azione.
Nell’ora del bisogno, la Luftwaffe si trovò, per così dire, costretta ad adottare misure tecnologie avanzatissime che sarebbero diventate la base dell’aviazione e dell’astronautica moderna: i caccia a reazione e i razzi. Spacciati come “arma definitiva” dalla propaganda nazista, queste armi avrebbero inciso relativamente poco sulla guerra a causa della penuria di materie prime (il petrolio che era sfuggito ai tedeschi nel Caucaso) e di risorse umane (i piloti con esperienza di volo cominciavano a divenire merce preziosa). Nonostante ciò, velivoli quali il Messerschnitt Me 163, il Messerchnitt Me 262 e le Velwaltungswaffen, meglio conosciute col nome di V1 e V2, rappresentarono delle pietre miliari nella storia dell’areonautica moderna.


Le Vergeltungswaffen 1 e 2: la vendetta di Hitler arriva dal cielo.

Tra le cosiddette armi segrete della Luftwaffe, sicuramente le più famose sono le Vergeltungswaffen (armi da rappresaglia o, in senso lato, da vendetta) meglio conosciute come V1 e V2. Entrambi i velivoli furono ampiamente studiati per tutti gli anni ’30 e per gran parte del secondo conflitto mondiale fino a diventare operative nel 1944. Mentre la V1 può essere considerata un primo abbozzo di missile cruise, in quanto volava su di una rotta da crociera fino al bersaglio prima di abbattersi sull’obbiettivo, la V2 fu il primo vero missile costruito dall’uomo ed impiegato in un conflitto armato.Queste due avanzatissime armi trovarono un terreno fertile di sviluppo nell’entusiasmo per la missilistica che aveva pervaso gli studi aeronautici tedeschi degli anni trenta dando origine alla Verain für Raumschiffart (VfR, società per i viaggi spaziali). Da quella schiera di appassionati sarebbero emersi due personaggi di assoluto valore scientifico, quali Walter Dornberger e, soprattutto, Werner von Braun (già membro della VfR) che avrebbe rivestito un ruolo fondamentale nel progetto Apollo che ha condotto l’uomo sulla luna. Furono proprio questi due personaggi che proposero la costituzione di una base di sviluppo per i missili a Peenemünde, sul Mar Baltico. Era l’ottobre 1937 quando nacque la più importante e, per un certo periodo segreta, base militare tedesca. In essa sarebbero stati sviluppati in piena autonomia i prototipi della V1 e della V2.
Il progetto iniziale della V1 fu presentato dalla Argus Motorenwerke e dalla Fieseler Flugzeugbau, aziende specializzate nella produzione di motori e velivoli per la Luftwaffe, che avevano già collaborato per la produzione dell’aereo leggero multiruolo Fieseler “Storch”. I concetti base erano semplici quanto vincenti: un apparecchio non pilotato con una testata bellica di tutto rispetto e con bassi consumi ed alte prestazioni. Questi ultimi punti sarebbero stati garantiti dal motore jet disegnato da Paul Schmidt che era tanto semplice quanto il progetto nel suo complesso. Infatti, l’unica parte mobile del propulsore erano una dozzina di piccoli “otturatori” collocati in prossimità della presa d’aria anteriore. L’aria spinta attraverso la presa anteriore e successivamente miscelata con il carburante veniva “accesa” da un sistema a candele. La potenza della combustione faceva chiudere gli otturatori spingendo i prodotti della combustione stessa verso l’uscita posteriore del motore e conseguentemente il velivolo in avanti. Tutto il processo veniva ripetuto diverse volte al secondo e permetteva di spingere la V1 ad una velocità superiore ai 600 km/h.
Le prime V1 furono laciate il 13 Giugno 1944, una sola settimana dopo lo sbarco alleato in Normandia, dalle basi nel nord della Francia ancora in mano ai tedeschi. L’effetto iniziale tra la popolazione fu piuttosto grande, perché la nuova arma non somigliava a niente che si fosse visto fino a quel momento, ma in breve tempo l’efficacia di questi ordigni si sarebbe rivelata decisamente minore di quanto preventivato dai suoi ideatori. Tutto ciò per diverse ragioni.
Per cominciare, le V1 nelle prime settimane d’impiego vennero lanciate da rampe fisse di grande dimensioni che sebbene mimetizzate nei boschi francesi rimanevano comunque facilmente individuabile e quindi bombardabili dagli alleati. Il successivo passaggio a rampe di lancio mobile fece decrescere notevolmente la precisione delle V1, dato che la gittata dell’arma era predeterminata prima del lancio e gli aggiustamenti di rotta potevano essere fatti solo per i successivi lanci in un modo molto empirico. Infatti, circa il 10% delle bombe volanti lanciate ogni giorno portava con sé un trasmettitore radio che a circa 30 km dal bersaglio prestabilito emetteva un segnale che il personale di terra attraverso la triangolazione utilizzava per gli aggiustamenti di rotta successivi. Comunque, la maggior parte delle V1 aveva come bersaglio designato il Ponte di Londra che si trovava approssimativamente al centro della città. Giunte alla soglia dei 30 km, un’elica montata sul fronte della bomba cominciava a muoversi attivando un giroscopio che a sua volta faceva scattare un contatore ogni chilometro circa, così quando il contatore aveva raggiunto lo zero, la bomba avrebbe dovuto essere sul bersaglio attivando la picchiata del missile.
Si deve dire anche che le V1 ebbero ben poca incidenza sulla vita quotidiana dei londinesi dopo i primi lanci per il preavviso che le stesse davano a causa del rumore caratteristico che producevano volando a bassa quota e ad alta velocità. Esse furono chiamate “Buzz bombs” (bombe ronzanti) proprio per tale motivo. I cittadini sapevano benissimo che potevano continuare le proprie attività fin tanto che sentivano il rumore e solo nel momento in cui il sibilo cessava, era giunta l’ora di cercare un riparo sicuro dove rifugiarsi.
Anche la caccia della Royal Air Force divenne col tempo molto esperta nel contrastare le V1. I piloti compresero che bastava avvicinarsi alle bombe infilando la punta dell’ala del proprio velivolo sotto quella dell’ordigno, spingendolo leggermente fuori rotta con un movimento repentino tanto da far “confondere” il giroscopio e farle precipitare fuori dalle zone densamente abitate.

(Un immagine dell’epoca, uno Spitfire dirotta una V1)

 

La scarsa “intelligenza” di queste bombe fu anche confermata dall’alto numero (278) di V1 distrutte dai palloni di sbarramento. In definitiva, nonostante l’elevato numero di ordigni lanciati contro la Gran Bretagna, 9251, solo poco più di 2400 colpirono effettivamente un bersaglio almeno vicino a quello inizialmente inteso al momento del lancio.
I difetti della V1 portarono al ripensamento di queste armi da rappresaglia e alla spinta di un progetto parallelo, ma sostanzialmente differente, come la V2. Questo velivolo era in pratica un missile balistico che poteva colpire il bersaglio (tipicamente Londra, ma anche Lille, Arras, Cambrai, e Bruxelles) senza preavviso e in pochi secondi dal lancio. Il suo studio era già molto ben avviato all’inizio del conflitto mondiale, ma le iniziali vittorie tedesche e il progressivo ritardo del progetto per un’arma atomica tedesca per la quale sarebbe stato il vettore ideale, ne ritardarono notevolmente l’impiego bellico.
Nonostante questi ritardi, già nel 1943 presso le basi segrete francesi di Eperlecques e La Coupele, erano in costruzione delle grandi installazioni di lancio del nuovo ordigno sfruttando in massima parte la manodopera a costo zero proveniente dai campi di concentramento nazisti. L’aumento dell’effettività dei bombardamenti alleati non consentì però di terminarle in tempo utile prima dello sbarco in Normandia e per il momento in cui le prime V2 cominciarono a cadere sul suolo inglese (settembre 1944), le basi in territorio francese erano ormai perdute e i tedeschi dovettero ripiegare su postazioni di lancio mobili stanziate in Olanda.

La V2 fu un’arma decisamente avanzata e, nel suo complesso, terribile. Poteva trasportare diversi quintali di esplosivo a più di 2000 km/h, giungendo dalla stratosfera senza nessun tipo di preavviso a differenza delle V1. Non poteva essere abbattuta in volo data l’altissima velocità e la precisione di caduta sui bersagli prefissati era più che doppia rispetto alle V1.
Il vantaggio tecnologico e di potenziale distruttivo era però controbilanciato dall’enorme quantitativo di risorse in termini di materiale elettronico e di combustibile che era necessario per ogni singolo esemplare. E’ stato stimato che una V1 poteva costare al Reich circa 450 $ attuali, per una V2 ne servivano almeno 100 volte tanto.




Durante la seconda guerra mondiale gli scienziati tedeschi seppero creare alcune tra le più avanzate macchine volanti mai viste fino ad allora. Purtroppo per loro, era ormai troppo tardi per evitare la sconfitta della Germania
Un caccia rivoluzionario
Prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, Hellmut Walter iniziò a sperimentare diversi progetti di motori a razzo che utilizzavano come combustibile il perossido di idrogeno. Il questo tipo di combustible era particolarmente utile come carburante per i motori a razzo a “monopropellente”, data la sua infiammabilità (provocata dalla scomposizione delle sue molecole) semplicemente passando attraverso un catalizzatore metallico. Questo significava che un motore poteva essere costituito da niente più che una pompa e un tubo con un rivestimento a maglia metallica. Il perossido di idrogeno era anche utilizzato come ossidante per un motore a razzo convenzionale, invece di essere unicamente un propellente. Le instabilità nella camera di combustione rendevano difficile la scalabilità della potenza motrice, molto utile per un aereo. Sebbene alcuni missili e sistemi RATO furono costruiti utilizzando questo progetto, ogni aereo basato su di esso avrebbe dovuto avere un peso molto contenuto. Allo stesso tempo, il consumo di carburante era tale che l’aereo avrebbe dovuto avere dei grandi serbatoi interni per contenerlo. Queste normalmente erano caratteristiche opposte: con le concezioni progettuali del tempo, aumentando la capacità dei serbatoi, aumentava proporzionalmente il peso e l’inerzia dell’aereo.
Alexander Lippisch stava lavorando da molti anni ad alcuni progetti di alianti senza coda, che più tardi propose di utilizzare con i motori Walter. Sebbene Lippisch non avesse ancora concepito un aliante con propulsione a razzo, capì che un aereo senza pianali di coda poteva permettere la costruzione di serbatoi interni con un volume molto maggiore, e avere la stessa inerzia di un velivolo convenzionale. La combinazione del motore a getto Walter con un grande aliante Lippish sembrò offrire il potenziale per creare un potente intercettore razzo a breve raggio. Possiamo definirlo come uno dei più grandi studiosi dell’aerodinamica sennò definirlo il mentore dell’aerodinamica moderna, molti dei suoi disegni sono tutt’ora avanti rispetto al periodo in cui visse. Lippisch fu il progettista del P.13 un intercettore sperimentale con ali a delta e mosso da uno statoreattore, progettato negli ultimi mesi del 1944. L’aereo non superò mai i disegni, ma i test effettuati nelle gallerie del vento dimostrarono che l’aereo aveva una eccezionale stabilità per la velocità a Mach 2.6.
Lo Sviluppo
Sotto il patrocinio del Deutsche Forschungsanstalt für Segelflug(DFS) – Istituto tedesco per lo studio del volo a vela, iniziarono le progettazioni di alcuni prototipi che erano comunque muniti di motore ad elica, l’unica parte innovativa era l’ala a delta e che la macchina non aveva impennaggi verticali.
Successivamente da queste basi venne creato il prototipo DFS 194, Questa versione utilizzava i timoni montati sui bordi esterni delle ali, che Lippisch sapeva avrebbero causato problemi alle alte velocità, e quindi più tardi ridisegnò perché fossero montati in un convenzionale stabilizzatore sul retro dell’aereo. Il disegno includeva alcune caratteristiche ereditate dalla sua natura di aliante, delle quali la maggiore era la slitta usata per gli atterraggi, che poteva essere retratta nella fusoliera durante il volo. Per il decollo, erano necessarie delle ruote per sostenere il peso del carburante, ma queste venivano rilasciate poco dopo la partenza. Era pianificato di spostare la propulsione al motore Walter R-1-203 da 400 kg di spinta quando fosse stato disponibile in quanto era ancora in fase di collaudo. Anche la Heinkel stava lavorando con i motori a getto Walter, montandoli sull’He 112 per varie prove, e più tardi sul primo aereo a razzo disegnato per essere operativo, l’He 176. Heinkel fu anche scelto per produrre la fusoliera del DFS 194 quando entrò in produzione, non appena ci si accorse che che il propellente, altamente infiammabile, sarebbe stato pericoloso su una fusoliera in legno. Il lavoro continuò con il nome in codice di Progetto X.
Comunque la spartizione dei lavori tra DFS ed Heinkel portò qualche problema, la DFS sembrava incapace di costruire anche solo una fusoliera di prototipo. Lippisch alla fine richiese di lasciare la DFS e di passare alla Messerschmitt. Il 2 gennaio 1939, si spostò con il suo team e con il DFS 194 parzialmente compreso al centro Messerschmitt di Augsburg.
I ritardi dovuti a questa mossa permisero al motore di raggiungere lo sviluppo, e in un primo momento alla Messerschmitt venne presa la decisione di saltare la versione con motore a elica e passare direttamente a quella con motore a getto. I lavori sull’aereo vennero terminati ad Augsburg, e venne spedito a Peenemünde (Una base simile all’odierna Area 51 americana) ad inizio 1940 per dotarlo di propulsore. Sebbene il motore dimostrasse di essere estremamente inaffidabile, l’aereo fece segnare delle prestazioni eccellenti, raggiungendo in un test una velocità di 550 km/h.
Me 163 A “KOMET”
La produzione di una serie di prototipi iniziò nel primo 1941, con il nome di Me 163. La segretezza su quel numero, il 163, fu tale che in realtà il nome Bf 163 era quello dato a un progetto per produrre un piccolo aereo per due passeggeri, che aveva gareggiato contro il Fieseler Fi 156 Storch per un contratto di produzione. In questo modo si pensava che i servizi segreti stranieri avrebbero concluso che ogni riferimento a quel numero fosse relativo a quel precedente progetto.L’Me 163 A V1 fu inviato a Peenemünde per ricevere un motore aggiornato, e il 2 ottobre 1941, un aereo successivo, l’Me 163 A V3 segnò il nuovo record del mondo di velocità con 1.004,5 km/h. Questo non sarebbe stato ufficialmente eguagliato fino al dopoguerra, con i primi voli dei nuovi caccia jet di Gran Bretagna e Stati Uniti, e fu superato la prima volta solo il 20 agosto 1947, dal Douglas Skystreak, un aereo di ricerca americano con turboreattore. Furono costruiti cinque prototipi Me 163 V, in aggiunta al primo DFS 194, seguiti dai primi esempi di produzione chiamati Me 163 A-0.
Durante i test numerosi problemi vennero causati al momento del decollo dal carrello sganciabile perché quando il pilota rilasciava il carrello, questo rimbalzava e danneggiava la struttura dell’aereo. All’atterraggio, alcuni malfunzionamenti agli estensori idraulici dello slittino potevano causare gravi danni alla schiena dell’aviatore, e lo stesso aereo era difficilmente controllabile durante l’atterraggio, impedendo al pilota di evitare eventuali ostacoli. Inoltre, lo slittino di atterraggio costringeva l’aereo a rimanere immobile sulla pista di atterraggio, formando un ostacolo per gli altri aerei della Luftwaffe ed un possibile bersaglio per il nemico.

Tuttavia le prestazioni del Komet erano straordinarie e si pianificò di piazzare squadroni di Me 163 in modo che coprissero tutto spazio aereo della Germania in circoli di 40 km. Venne data la massima priorità allo sviluppo di una versione operativa:
Il Me163 b “Komet” equipaggiato con un un razzo Walter HWK 109-509A-2, capace di raggiungere una velocità di 960 km/h e come armaento individuale 2 cannoni MK 108 calibro 30 mm con cartuccia da 60 colpi ciascuno.
Impiego operativo
L’operatività iniziò nel 1944. Occorsero più di tre anni al Major Wolfgang Späte prima che potesse costituire la prima unità di ME-163, lo Jagdgeschwader 400, a Brandis, vicino Leipzig. Il suo obiettivo era fornire ulteriore protezione agli stabilimenti per la produzione di carburante sintetico a Leuna, che, alla fine del 1944, venivano attaccati pesantemente e di frequente. Un altro gruppo era di base a Stargard, vicino Stettino per proteggere il grande impianto di prodotti sintetici di Pölitz. Ulteriori sbarramenti difensivi forniti di formazioni di aerei-razzo erano previste per Berlino, la Ruhr e il Deutsche Bucht, il grande golfo (che comprende quello di Helgoland) tra Olanda, Germania e Danimarca.
Come previsto, l’aereo dimostrò di essere estremamente veloce. Ai piloti venne ordinato di salire alla massima potenza e alla velocità di salita di 5.000 metri al minuto finché non fosse finito il carburante, dopo circa due minuti e mezzo, quindi il caccia avrebbe planato contro i bombardieri nemici. Dopo averli attaccati dovevano rientrare, sempre planando, alla base, dove spesso li aspettavano i caccia alleati che a quel punto potevano abbatterli senza difficoltà. Poiché il decollo avveniva con carrelli da lancio, i piloti dovevano essere esperti negli atterraggi ad alta velocità su pattini. Per un certo periodo i caccia alleati non avevano la minima idea di come comportarsi con l’Me 163. Il Komet spesso saliva sopra i bombardieri più velocemente di quanto potessero tuffarsi i caccia avversari nel tentativo di intercettarlo. La strategia tipica dei Me 163 era di volare attraverso la formazione di bombardieri a 9.000 m, salire poi a 10.700-12.000 m, e quindi tuffarsi di nuovo attraverso la formazione nemica. Con un po’ di fortuna, questo poteva permettere al pilota di avere due possibilità per sparare qualche colpo dai suoi cannoni prima di dover ritornare alla base in volo a vela.
Siccome l’abitacolo non era pressurizzato, la tangenza operativa venne limitata a una in cui il pilota poteva resistere per alcuni minuti, respirando ossigeno da una maschera senza perdere conoscenza. I piloti furono sottoposti a un allenamento per rinforzare la loro capacità operativa alle difficili condizioni della stratosfera senza una tuta di pressurizzazione. I piloti potevano quindi ottenere delle vacanze per andare a sciare con il pretesto di allenarsi alle alte quote.

Una squadriglia da caccia, il Jagdeschwader 400 (J.G. 400), fu equipaggiata con due gruppi di aerei, con lo scopo di difendere le installazioni di gasolio nel maggio 1944. Le prime missioni iniziarono alla fine di luglio, quando attaccarono due B-17 dell’USAAF senza però ottenere delle vittorie ufficiali, e continuarono a combattere fino alla primavera del 1945. In questo periodo, ottennero 9 vittorie ufficiali, accusando però 14 perdite.
I piloti alleati si accorsero presto del breve tempo operativo con il motore attivato, quindi aspettavano che il motore esaurisse il propellente, e poi si lanciavano all’attacco dei Komet. Presto riuscirono anche ad identificare gli aeroporti da cui gli Me 163 decollavano e atterravano. La maggior parte degli aerei vennero persi prima ancora che i piloti potessero essere addestrati su di essi, e sembrò chiaro che il piano originale di creare una grande rete di difesa con gli Me 163 non avrebbe potuto mai essere realizzato.
(Un esemplare Biposto da addestramento)
Dal punto di vista operativo, il Komet fu un fallimento, subendo più perdite (dovute agli incidenti di atterraggio) che vittorie, che ufficialmente sono 16. La bassa cadenza di tiro dei suoi cannoni permetteva di colpire con pochi proiettili i bombardieri nemici, vista anche l’estrema differenza di velocità con l’obiettivo. Allo stesso tempo il Komet fu un progetto futuristico, molto in anticipo sui tempi. Fu uno dei primi segni che indicarono la fine dell’era degli aerei ad elica, e ispirò i progetti di altre innovative armi come il Bachem Ba 349 Natter e il Convair XF-92. Alla fine, la difesa di punto sarebbe stata affidata ai missili terra-aria (SAM).
 
 

 

Il Komet come abbiamo visto fu unprogetto molto travagliato e discusso tra i molti difetti soprattutto per la fase di disimpegno nel combattimento e di atterraggio, ma l’innegabile pregio che portò fu invece di mostrare, per la prima volta al mondo, a quali livelli tecnici si potesse portare l’arma areonautica.



Altri “esperimenti” della Luftwaffe

 

Il Messerschmitt Me 262 Schwalbe (rondine) può essere considerato, a ragione, il più avanzato caccia intercettore che divenne operativo durante il secondo conflitto mondiale. A differenza dell’inglese Gloster Meteor che ebbe una vita e un successo diffuso anche dopo la fine della guerra, il Me 262 sarebbe rimasto un aereo strettamente legato al regime nazista, se si esclude la sua breve produzione postbellica in Cecoslovacchia prima dell’avvento del governo comunista. Nonostante questo elemento, per così dire, dequalificante, il velivolo tedesco racchiudeva in sé fin dalla nascita tutti gli elementi per essere considerato un progetto vincente e, soprattutto, efficace per scopi bellici.

 

 

 

Oltre ai velivoli descritti in precedenza, la Luftwaffe produsse anche altri aerei o armamenti aerei molto avanzati che però rimasero più che altro a livello di prototipo. Nel 1936, un giovane ingegnere di nome Hans von Ohain brevettò un sistema di propulsione che prevedeva la spinta fornita dai gas di scarico di una turbina. Egli presentò la sua idea a Heinkel, che lo aiutò a sviluppare tale concetto. Von Ohain provò con successo il suo primo motore nel 1937, e pianificò rapidamente di installare tale propulsore in un aereo. L’He 178 fu disegnato attorno al progetto del terzo motore di von Ohain, che bruciava gasolio. Il risultato fu un piccolo aereo di disegno e costruzione convenzionale, con fusoliera metallica e ala alta in legno e la presa d’aria del motore posta nel muso. Nel primo volo il carrello d’atterraggio era fisso, ma in seguito ne fu installato uno retrattile. L’aereo fu un successo eccezionale, benché fosse solamente un banco prova volante, raggiungendo in volo una velocità superiore al più veloce aereo con motore a pistoni dell’epoca e toccando la velocità massima di 650 km/h e di crociera di 585 km/h. La velocità massima raggiungibile da un modello di produzione di serie fu stimata in 700 km/h, velocità non raggiunta in combattimento fino al 1944.Il 1º novembre 1939, Heinkel organizzò un volo dimostrativo davanti ad una commissione esaminatrice del Reichsluftfahrtministerium (Ministero dell’aria tedesco, RLM) dove sia l’asso Ernst Udet sia Erhard Milch poterono constatare le eccellenti prestazioni dell’aereo.


Tuttavia, a seguito dell’approccio conservativo sulla progettazione dei velivoli di entrambi i funzionari, nessun interesse ufficiale fu dimostrato a questo nuovo concetto di propulsione. Comunque Heinkel non si scoraggiò, e decise di iniziare lo sviluppo di un nuovo aereo a reazione bimotore, l’Heinkel He 280, come iniziativa privata utilizzando quanto appreso dallo sviluppo dell’He 178.
L’He 178 fu posto nel Deutsches Technikmuseum (Museo della tecnica tedesco) di Berlino, dove fu distrutto durante un bombardamento aereo alleato nel 1943.

 

l’Arado Ar 234 ‘Blitz’ – Il Bombardiere veloce di Hittler?

 

Hittler, non capì mai l’efficacia di un aereo veloce quale quello equipaggiato di motori a reazione, come intercettore, la supremazia aerea in un contesto bellico è di basilare importanza, far si che il nemico non possieda un numero di aerei da intercettare le incursioni di bombaridieri nemici era importante, egli era fautore del bombardamento lampo.A quel tempo i progettisti Walter Blume e Hans Rebeski diedero vita ad un progetto di un aereo gigantesco equipaggiato con più di un motore a getto, 2 Junkers Jumo 004 alloggiati in gondole poste sotto le semiali; la cabina di pilotaggio era completamente vetrata e situata all’estrema prua della snella fusoliera. Queste caratteristiche portarono a considerare inizialmente l’utilizzo di un sistema per il decollo basato su un supporto triciclo sganciabile, mentre l’atterraggio sarebbe avvenuto su pattini montati, rispettivamente, sul ventre della fusoliera e sotto le gondole dei motori.

 

 


Il primo impiego operativo del Blitz fu nel ruolo di ricognitore, nel quale la macchina si mostrò in grado di sfuggire facilmente, grazie alla velocità, alla caccia nemica. Al fine di eseguire ricognizioni fotografiche volte a prevenire eventuali invasioni dell’Olanda, nel settembre del 1944 venne creato il Sonderkommando Götz.
Nel novembre del 1944 furono valutati i primi esemplari da bombardamento che vennero inquadrati in unità appositamente costituite: i Sonderkommando Hecht e Sperling. Le missioni di bombardamento prevedevano tecniche sofisticate, poiché l’equipaggio era costituito solamente dal pilota, e potevano avvenire con volo orizzontale oppure in picchiata. Nel primo caso era previsto l’utilizzo di un sistema di guida automatico, utilizzato mentre il pilota eseguiva le manovre di puntamento del bersaglio. Per le missioni di bombardamento in picchiata il pilota utilizzava per il puntamento ancora il periscopio montato sul tetto della cabina.

Gli Ar 234 B-2 presero parte alla famosa missione di bombardamento del Ponte Ludendorff a Remagen sul Reno, nel marzo del 1945.Al termine del conflitto risulta che fossero stati consegnati alla Luftwaffe un totale di 224 aerei, nelle varie versioni, ma che solo 38 fossero realmente operativi, in ragione del caos regnante tra le file tedesche nell’ultimo anno di guerra e della scarsità di carburante disponibile.

 


Il dado è tratto – Heinkel He 162 “Salamander”

 

 


Introdotto oramai quando le risorse tecnologiche tedesche erano compromesse dal risultato della controffensiva alleata, l’He 162, pur risultando tecnologicamente avanzato e dotato di prestazioni superiori ai pari ruolo dell’epoca non risultò determinante nel sovvertire gli esiti del conflitto.

 

 

Deriva come struttura dall’Heinkel He 178 e ne mantenne la fusoliera metallica e l’ala lignea, ma il motore era posto in posizione dorsale (cioè sopra la fusoliera): questo determinò l’impossibilità di avere un impennaggio verticale centrale ma bensì due laterali, che risultino sufficientemente lontani dal flusso del getto del motore stesso. Le tozze ali del Salamander terminavano in due superfici rivolte verso il basso per compensare l’effetto diedro di cui l’aereo apparve essere vittima nei primi voli di prova.
A differenza del Messerschmitt Me 262, il Salamander utilizzava un motore a getto BMW 003 ed aveva tra le particolarità l’utilizzo anche del legno per realizzare il muso e la coda, in modo da limitare il consumo di materiali strategici, come l’alluminio, diventati rari nell’ultima parte della seconda guerra mondiale in Germania

Pare che nessuno dei 162 esemplari costruiti abbia fatto in tempo a partecipare a combattimenti, ma un pilota della RAF catturato nell’aprile 1945 asserì di esser stato abbattuto da un jet la cui descrizione è molto simile a quella del Salamander. In ogni caso, il suo impiego operativo sarebbe stato inutile, visto che di lì a poco la guerra sarebbe terminata e la Germania nazista sconfitta. Inoltre, la scarsità di piloti esperti (necessari per la guida dell’aereo), di carburante (di cui era “assetato”) e di materiali da costruzione avrebbero in ogni caso fortemente limitato la capacità di disporre di tale mezzo.
(Una catena di montaggio sotterranea del “Salamander” scoperta alla fine della guerra dagli alleati)

 

Tirando le somme sull’impiego operativo di queste armi si può dire che la loro efficacia fu sicuramente marginale e gli effetti sull’evoluzione tecnica degli armamenti si sarebbe fatta sentire solo dopo la fine della guerra. La Germania fu tecnicamente all’avanguardia per tutto il conflitto, ma la scarsità di materie prime, ben conosciuta fin dai primi giorni, non fu mai risolta, neppure con la grande espansione continentale seguita alle vittorie del periodo 1939-1942. Una maggiore produzione di queste “armi segrete” volanti avrebbe potuto modificare il corso della guerra? E’ difficile rispondere affermativamente, vista la situazione ormai disperata in cui si trovava la Germania nell’estate 1944, periodo in cui cominciarono ad apparire le prime V1. Certo, una maggiore produzione unita ad uno sviluppo anticipato, avrebbe dato maggiore impulso ai raid punitivi sulla Gran Bretagna in un periodo in cui ancora la potenza statunitense non si era dispiegata in Europa, ma al riguardo si possono fare unicamente congetture che, per quanto accattivanti, non si fondano su dati oggettivi.

FONTE: AEROSTORIA

 

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